Maya Sansa: “Non dimenticate mai di sorprendervi”

Maya Sansa
Maya Sansa ne "Il paradiso del pavone" di Laura Bispuri.

Con quaranta film alle spalle, di cui più della metà da protagonista, Maya Sansa è sicuramente una delle attrici più poliedriche del cinema europeo. Battezzata da Marco Bellocchio, ha infatti iniziato la propria carriera in Italia, conquistando con la sua bravura anche l’industria d’oltralpe, se non addirittura quella oltremanica.

In quanto madrina e giurata della settima edizione dei Fabrique du Cinéma Awards, Maya si racconta per noi, svelando fin da subito che non esiste una vera formula per sfondare. Nonostante qualche dritta, si sa, non faccia mai male: “La strada del cinema è sempre misteriosa. Personalmente, sono convinta che lo studio sia fondamentale, perché permette ai giovani di formarsi, ma che vada accompagnato da empatia, costanza e determinazione. È importante avere un sogno, ma bisogna combattere per concretizzarlo, cercando sempre nuove opportunità e non rifuggendo mai le sfide. Senza però prendersi troppo sul serio! Poi, dopo anni di carriera, mi sento anche di dire che non bisogna avere paura del tempo: quando si è giovani, spesso passa l’idea che o si raggiunge il successo subito o non si hanno speranze. Non è sempre così, questo mondo può sempre portare sorprese inaspettate.”

Anche la tua carriera è stata una sorpresa o hai sempre voluto fare l’attrice?

Sarò banale, ma in realtà da bambina il mio grande sogno era fare la veterinaria! Poi crescendo mi sono appassionata di cinema e soprattutto di fotografia, e non mi sarebbe dispiaciuto fare la DOP. Tuttavia, invece di inscrivermi a una scuola tecnica, sono stata convinta dai miei genitori a fare un liceo classico e, per merito delle persone che ho incontrato sul mio cammino, mi sono appassionata alla recitazione. Dopo un inizio più ludico a scuola, mi sono formata in modo professionale prima al Teatro dei Cocci e poi a Londra. La mia grande occasione è però arrivata con Marco Bellocchio.

Infatti hai esordito con uno dei più grandi registi italiani.

È stata un’enorme fortuna! Grazie alla sua professionalità, ma anche alla sua umanità, ho avuto modo di temprarmi fin da giovane, imparando ad affrontare questo mestiere nel modo giusto e a gestire anche l’agitazione e l’ansia. Nonostante la sua autorevolezza e la sua serietà, e pur non essendo un regista che scende a compressi, lui mi ha fatto sentire a casa e mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta. Una volta battezzata da Bellocchio, se vogliamo dire così, il rapporto con gli altri registi è stato semplice e naturale, perché ormai ero a mio agio. Ovviamente non sempre c’è stata un’intesa perfetta con chi mi dirigeva, come credo sia comune in qualsiasi lavoro, ma non c’è mai stata frustrazione, perché sapevo di star lavorando con grandi professionisti. Poi, è come per il nuoto: quando ti tuffi dal trampolino più alto, non hai più paura di tutti gli altri.

 

Maya Sansa
Maya Sansa con Fabrizio Ferracane nel film di Laura Bispuri.

Una cosa che colpisce ripercorrendo la tua carriera, è la tua capacità di spaziare tra film molto diversi. Come scegli un film da interpretare?

 

Il regista è l’elemento fondamentale che guida le mie scelte, perché è come il capitano della nave. Naturalmente è importantissima anche la sceneggiatura, ma il regista secondo me è il vero ago della bilancia. Quando ho la possibilità di lavorare con grandi professionisti del mondo del cinema accetto anche ruoli secondari o minori, perché so che anche solo in poche ore quell’esperienza e quel set mi arricchiranno. Poi, certo, anche lavorare con gli esordienti può essere una bellissima esperienza, ma in quel caso credo che fondamentale sia il ruolo che mi viene proposto: se il personaggio presuppone un certo lavoro di composizione o trasformazione e può rappresentare per me una sfida, sono prontissima a cogliere l’opportunità.

Parliamo allora di registi. Hai collaborato con veri e propri maestri nel corso della tua carriera.

Sì, nella mia vita ho avuto la fortuna di poter lavorare con grandi professionisti. A parte Bellocchio, ricordo con piacere il set con Claude Miller: ho interpretato il ruolo della protagonista in uno dei suoi ultimi film, Voyez comme ils dansent, che racconta una storia molto personale e intima. Un film difficile, anche produttivamente, ma che mi ha lasciato moltissimo. Anche perché, dopo la presentazione alla Festa del Cinema di Roma, addirittura Debra Winger è venuta a farmi i complimenti. Non puoi capire l’emozione! Anche l’incontro con Hirokazu Kore’eda lo porto nel cuore: lui è un grandissimo professionista e mi ha chiesto di fare un piccolo cameo ne La vérité. Il ruolo è stato poi tagliato, ma sono comunque molto felice di aver accettato la sua offerta, perché ho avuto la possibilità di lavorare con una regista gentile e rispettoso come lui.

Non hai lavorato solo in Italia, ma ti sei più volte confrontata anche con produzioni e cineasti stranieri. Come vivi questi set più internazionali, anche in paragone a quelli italiani?

Essere un’attrice nomade è un grande arricchimento, perché ogni nazione è diversa e impari sempre qualcosa di nuovo. Io, tuttavia, cerco di trovare i punti di contatto e le somiglianze, più che le differenze. Ad esempio, quando ho lavorato con Peter Chelsom in Security e soprattutto con S. J. Clarkson nella miniserie Collateral, mi sono resa conto che gli inglesi sono molto simili a noi nel modo di lavorare: sono ugualmente professionali, ma proprio come gli italiani amano scherzare, sono affiatati, calorosi e cercano complicità con i colleghi. Diversi sono invece i set francesi, che ragionano maggiormente sulla tensione e il conflitto, per riuscire a tirare fuori il meglio dagli interpreti: del resto, in Francia sono grandissimi intellettuali e questo traspare anche nel loro approccio al lavoro.

Con alle spalle una carriera ricca di soddisfazioni, Maya Sansa ha ancora dei sogni da realizzare?

Il mondo del cinema è ricco di sorprese: se mi avessi fatto questa domanda anni fa, forse ti avrei risposto che mi sarebbe piaciuto lavorare con Ridley Scott o con Paolo Sorrentino. Sono naturalmente sogni che porto ancora nel cuore, ma magari la vita mi porterà a collaborare con altri registi, che forse mi piaceranno anche di più. Come Laura Bispuri, con la quale ho girato Il paradiso del pavone [presentato al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti], che già stimavo, ma è stata comunque una grandissima sorpresa. Ora quindi affronto il futuro in questo modo: non penso a cosa succederà, ma mi preparo a essere meravigliata.