Presentato al Festival di Cannes, per la Quinzaine des Réalisateurs, Troppa grazia si è aggiudicato il premio Label Europa Cinema nell’edizione del 2018. Arriva nei cinema italiani il 22 novembre portando una ventata di misticismo laico amalgamato a una commedia agrodolce su una storia semplice. Lucia, Alba Rorhwacher, è una geometra circondata da piccoli e grandi problemi di ogni giorno. Vive con una figlia adolescente da mantenere tutta sola perché il suo ex-compagno dalle pretese labirintiche e i modi tendenzialmente violenti, Elio Germano, ha fatto il suo tempo in casa loro.
Mentre il lavoro va e viene, il padre di Lucia, omino con la saggezza tra le nuvole, è invece uno di quei sessantenni un po’ assenti perché curiosamente assorbiti da tastiere e comunicazione social. L’onda buona arriva con la commissione su un terreno da misurare prima che partano i lavori di costruzione. In questo campo dorato che l’autore Gianni Zanasi raffigura come un Eden sospesa tra città e natura avverrà lo strano incontro destinato a cambiare la vita di Lucia.
Vedere la Madonna che ti indica una misteriosa missione, per di più contro i tuoi stessi interessi lavorativi non è il massimo. Sta proprio tra questi due estremi la molla tirata da Zanasi per costruire la sua commedia. «Il sentimento improvviso e fuori luogo del Mistero, e la nostra vita che lo sfiora in modo anche banale: il mistero immobile e potente da una parte, e il “giorno per giorno” friabile e confuso dall’altra» ha spiegato lo stesso regista recentemente. «Le domande profonde che sentiamo, le risposte scomposte e improvvisate che diamo e ancora di più quelle che evitiamo. La verità e la menzogna». La Madonna, una giovane scambiata inizialmente per profuga da Lucia, ha il volto giovane, iconografico ma allo stesso tempo molto moderno dell’attrice israeliana Hadas Yaron.
Gli scambi con Lucia prendono diverse pieghe, come quelli reali tra due donne. Proprio per questo, il dubbio di lei sulla sua sanità mentale contamina anche lo spettatore. Questi incontri saranno frutto di un esaurimento da stress o di una reale Volontà Divina? «Questo non è, evidentemente, un film di tema religioso, perché non è un film sulla capacità di credere in Dio oppure no» ha chiarito Zanasi. «È un film sulla capacità di Credere Ancora, nonostante il nostro non essere più bambini. Di sentire, di immaginare».
Sicuramente Zanasi sceglie l’anonimato della provincia laziale, ambientazione della storia, per permettere la totale emersione alle anime dei suoi personaggi. Un po’ come quelle scenografie teatrali profondamente nere, ci pone di fronte a fragilità e potenzialità di Lucia: la Madonna costituisce l’ostacolo/leva per sbocciare da una crisalide. Attraverso il lavoro visivo, la dimensione natura ci porta tra colori brillanti e luci fortemente estive nell’Eden di sospensione che contrasta con le geometrie urbane semplici, slavate, e gli interni casalinghi dai colori caldi e acidi a rincorrersi, sfondo per i litigi con l’ex e gli scambi più animati con la Madonna.
La narrazione risulta semplice come una parabola di periferia. I toni tenui della commedia agrodolce non spingono a sentimenti né sentimentalismi estremi, ma la sospensione d’incompletezza nel quadrare il cerchio della storia rimane, come quella fragilità della protagonista che la Madonna vuole convertire in forza profetica. Così, al cinema, al netto di madonnine e profezie, si resta con un paio d’ore di film mediamente godibile e molto ben confezionato per un pubblico più alla ricerca dell’originalità di una storia che alla sua emozionalità dirompente.