Il film che Wenders ha dedicato a Papa Francesco arriva nelle sale dopo molti rumors e svariati anni di lavorazione. Stando alle dichiarazioni del cineasta tedesco, rilasciate durante la conferenza stampa di qualche giorno fa alla Casa del Cinema di Roma, sono stati anni di assoluta libertà, senza alcun tipo di ingerenza, dalla pre-produzione al final-cut.
Al centro del cinema di Wenders resta sempre la struttura del road movie, stavolta inteso come viaggio, dialogo e confronto a due. Wenders ha infatti condotto personalmente questa lunga e intensa intervista con Francesco, capace di attraversare le spazio e il tempo, per affrontare in modo diretto i grandi temi del pontificato. Per tutta la durata del film e del viaggio la voce narrante resta quella dello stesso Wenders (che scopriamo parlare un perfetto italiano) mentre Jorge Mario Bergoglio non parla come d’abitudine la lingua di Roma e del Vaticano, ma il suo «spagnolo delle Americhe», il dialetto argentino.
Qualcuno sarà già perplesso: Papa Francesco – Un uomo di parola (qui il trailer ufficiale) non era un titolo prevedibile nella filmografia di Wenders (che ha incontrato il Papa presentandosi subito come protestante). I rischi infatti erano tanti: presentare un omaggio devoto al capo della Chiesa Cattolica, oppure un insipido documento di celebrazione, affidandosi alla grande tradizione dell’agiografia del santo di secolare memoria. Il film di Wenders su Francesco ha l’ambizione di evitarli tutti. Protagonista assoluto del film è naturalmente Papa Francesco: primo pontefice dall’America Latina, primo pontefice di formazione gesuita, il primo che abbia scelto il nome di San Francesco d’Assisi. Come voce narrante, è lo stresso Wenders che presenta Bergoglio con questi tratti biografici, che alludono a scelte radicali, espresse e concretizzate con coraggio.
Con Papa Francesco – Un uomo di parola, molti biglietti saranno venduti a chi desidera vedere un buon film d’autore sul Papa. Forse ci saranno spettatori atei o agnostici, incuriositi da un’opera dirompente per la sua autenticità. Altri avranno perfino l’ardire di pagare un biglietto, solo per vedere il nuovo film di Wim Wenders. Quel ragazzo che inizia come critico innamorato del cinema, arriva al lungometraggio e scopre il successo con Alice nella città (1973).
Il film su Papa Francesco arriva in un momento preciso della storia di Wim Wenders. I suoi documentari più recenti erano quello su Pina Baush del 2011 e quello realizzato nel 2014 con Juliano Ribeiro Salgado: Il sale della terra. Ma il progetto di un film su Francesco (che integra il reportage e l’intervista con ampi inserti in bianco e nero, dedicati al Santo di Assisi e affidati al volto di Ignazio Oliva) è paradossalmente più prossimo al primo documentario del giovane Wenders: Nick’s Movie – Lampi sull’acqua (1980). Un esemplare straziante di direct-cinema, mentre Wenders filma l’amico Nicholas Ray (alias il regista di Gioventù bruciata – Rebel Without a Cause) che affronta il cancro, perde la sua battaglia e muore. Quell’idea di verità radicale, dove il primissimo piano e lo sguardo in macchina sono praticamente un gesto d’amore, anche adesso è alla base di Papa Francesco – Un uomo di Parola.
Nell’arco degli anni Papa Francesco e Wim Wenders hanno modo di affrontare i temi più disparati. Anche per Wenders, il cardinale argentino è il più moderno tra i successori di Pietro. Soprattutto, è un uomo che non ha paura di nulla. Parleranno di Grazia ma soprattutto di povertà, fame, ecologia e sfruttamento della madre terra, della tolleranza zero verso i casi di pedofilia interni alla Chiesa – e molte altre ferite della realtà contemporanea.
Per quanto riguarda lo specifico filmico, Wenders fa una scelta che si rivela determinante: una macchina da presa equipaggiata nella parte anteriore con un dispositivo Intertron. Per Wenders, «una sorta di teleprompter invertito». In parole più semplici: un monitor che permette al regista e al pontefice di dialogare, guardandosi costantemente negli occhi. Inutile dire che ogni spettatore al mondo avrà la sensazione che Francesco lo stia fissando in volto. È forse questa la chiave di volta di un film complesso, affascinante, che raggiunge pienamente il suo scopo. Ovvero: oltrepassare i confini delle religioni, delle certezze e dei popoli, per consegnare il suo messaggio di speranza universale.