San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con
le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel quartiere; c’è la iOS Devoloper Academy, la scuola della formazione Apple, la prima in Europa e un nuovo Campus dell’Università Federico II. Poi ci sono le famiglie Mazzarella D’Amico e Rinaldi -Reale-Formicola che secondo la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) si contendono i territori di spaccio.
E infine c’è il Napoli Est Teatro, un collettivo, un progetto socio culturale, nato per usare il teatro come antidoto alla camorra. Con i ragazzi del Nest, Mario Martone ha
realizzato la sua prima regia di un testo di Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità. Lo spettacolo nasce grazie alla collaborazione produttiva tra il Teatro Stabile di Torino e la compagnia di Luca De Filippo, Elledieffe ora guidata dalla moglie, Carolina Rosi.
La commedia di Eduardo venne scritta nel 1960, appartiene alla raccoltaCantata dei giorni dispari, nasce come un testo scomodo che porta alla ribalta la camorra con il suo protagonista Antonio Baraccano, guida del Rione Sanità, uomo d’onore e amministratore a modo suo delle diatribe del quartiere. Per la riscrittura di questo testo, Martone parte dalla realtà di San Giovanni a Teduccio e dai ragazzi del Nest, attori giovani che vivono sulla propria pelle la guerra di camorra.
Così la lussuosa villa di Antonio Baraccano si trasforma in un appartamento moderno con mobili d’acciaio e plexiglas (scene di Carmine Guarino). Un bunker patinato regno di un Antonio Baraccano (Francesco Di Leva), giovane e palestrato. Non è, come lo aveva immaginato Eduardo, l’uomo d’onore simbolo di un’epoca
di valori che procede verso il tramonto, ma il giovane boss della nuova camorra, deciso e spietato, pragmatico e razionale al tal punto da comprarsi l’amore dei figli e della moglie.
L’ambiguità degli affetti intimi della famiglia Baraccano è una pedina che la regia di Martone sa muovere bene, con un ritmo serrato, scene cruente, che ricordano serie televisive come Gomorra o Suburra. La lingua non è più il dialetto napoletano armonioso di Eduardo, ma quello violento delle strade, delle nuove generazione e del rap. Proprio con questa musica inizia lo spettacolo, il rapper Ralph P canta la sua Niente ‘e nuovo, profetica dichiarazione di un futuro condannato a non cambiare.
Indispensabile per questa operazione folle e complessa sono gli attori, i protagonisti volti noti della televisione e del cinema. Francesco Di Leva veste i panni giovani e violenti di Antonio Baraccano, dandogli un’energia unica mentre Giovanni Ludeno (il dottor Della Ragione) e Massimiliano Gallo (Arturo Santaniello) restano legati di più alla tradizione eduardiana, creando un contrasto coerente che crea un equilibrio costante. “Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico agendo in una dimensione politica”. Queste sono le parole che Mario Martone usa per descrivere il suo sindaco del rione Sanità.
Un gesto politico e sociale che va oltre la rappresentazione teatrale e incarna
un mondo vivo e reale in tutta la sua drammaticità.