Salutato con un lungo applauso al termine della proiezione, l’ultimo lungometraggio del regista livornese alterna felicemente dramma e commedia e si alimenta delle ottime interpretazioni delle protagoniste Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti (guarda il trailer).
Più di qualcuno se lo aspettava in concorso e, ora che lo abbiamo visto, possiamo affermare che il film non avrebbe affatto sfigurato in gara per la Palma d’Oro. A ogni modo, visto il livello di quest’anno della Quinzaine des Réalisateurs (tra gli altri, ci sono i lavori di Larraín, Bellocchio, Jodorowski), Paolo Virzì non ha davvero nulla di cui lamentarsi.
Ne La pazza gioia il cinquantaduenne cineasta tratteggia con delicatezza, senza scadere mai in forzature o patetismi, la storia di Beatrice e Donatella, donne con seri problemi psichiatrici che decidono di scappare dalla casa di cura in cui si trovano nella speranza di dare una svolta alla propria esistenza, tornando a provare l’ebbrezza di una vita più libera. Coadiuvato in fase di scrittura dalla regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi, Virzì narra il tormentato ma vitale percorso di crescita delle due, così diverse tra loro per storia personale, carattere ed estrazione sociale, con uno sguardo appassionato e coinvolgente che ha il notevole pregio di rifuggire ogni tipo di edulcorazione o banalizzazione.
Come già visto ne La prima cosa bella (2010), quella che ancora oggi può essere considerata la sua opera più profonda e toccante, anche qui l’autore livornese mostra un indiscusso talento nell’alternare i toni della commedia e del dramma. Non rinunciando a un affascinante ed efficace approccio ironico anche nel mettere in scena una storia al fondo così tragica.
La regia come sempre è misurata, essenziale e del tutto estranea a tentazioni di carattere virtuosistico. D’altronde non si può dire che Virzì sia mai stato molto interessato alla ricercatezza formale. Ciò a cui ha dato assoluta priorità, fin all’inizio della propria carriera, è stato infatti lasciare il maggiore spazio possibile agli eventi narrati e agli interpreti. A proposito di questi ultimi, il regista in questa nuova fatica rivela per l’ennesima volta di essere un ottimo direttore di attori: Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, nei panni rispettivamente dell’esuberante bipolare Beatrice e della gravemente depressa Donatella, forniscono delle prove particolarmente convincenti, dando forma con umanità alle tensioni emotive che muovono le protagoniste.
Dopo l’inaspettata incursione nel dramma corale con Il capitale umano (2013), Virzì è tornato a un tipo di cinema a lui tradizionalmente più vicino e La pazza gioia si inserisce di diritto tra i suoi lavori migliori, confermandolo tra i registi italiani di maggior valore tra quelli emersi nella metà degli anni Novanta.